L'arteterapia: l'espressione artistica come strumento curativo - Studio Lecco
Origini dell’arteterapia
Un rapito excursus sulle origini dell’arteterapia conduce a tempi antichi. Tra i romani e i greci si riteneva che le forme d’arte potessero favorire l’espressione delle emozioni e il vivere una serena vita emotiva. Durante il Romanticismo chi era dotato di talento artistico era considerato un individuo sensibile che riusciva ad esprimere il proprio mondo interiore e la propria sofferenza dando all’opera d’arte una valenza terapeutica. Tale potenziale curativo era inizialmente possibile solo a pochi dotati.
Solo più tardi, grazie all’attenzione per la produzione artistica all’interno della psichiatria, si è iniziato a considerare l’arte uno strumento terapeutico per tutti e nel tempo il suo utilizzo è stato introdotto nelle strutture della salute mentale. In Germania, agli inizi del Novecento, furono aperti numerosi atelier e a Losanna fu creato il “Museo dell’art Brut”.
Per certi versi questa apertura rimase altamente clinica e fu grazie all’interesse della psicoanalisi che tale limite diagnostico ed estetico venne superato, permettendo di considerare l’esperienza artistica un’avventura dal valore terapeutico.
Oggi quello che viene riconosciuto da alcune correnti dall’arteterapia è che il linguaggio artistico non potendo essere racchiuso in strutture e regole definite diventato esso stesso curativo e trova significativo all’interno del rapporto unico e insostituibile tra persona e terapeuta.
L’ Origine del metodo: “ARTE COME TERAPIA”
La corrente metodologica dell’arte come terapia nasce dalle esperienze di Friedl Dicker Brandeis ed Edith Kramer e ritiene nel processo artistico la possibilità stessa di cura. L’esperienza artistica è ricerca di sé, esplorazione, attivazione emotiva ed espressione libera che porta al benessere, favorendo nell’atto artistico e attraverso l’utilizzo dei materiali processi integrativi.
L’arte ha un legame con la parola, il suono, la forma, il colore e il gesto in un’armonia generale.
Le madri dell’arte come terapia:
Friedl Dicker-Brandeis (1898) Viennese di nascita, cresce in una famiglia ebrea di umili condizioni.
Nel corso dei suoi studi artistici incontra maestri d’arte ideatori di forme di pedagogia artistica rivolte all’infanzia in cui l’arte si propone come crescita spirituale coinvolgendo gli allievi nella ricerca artistica attraverso il movimento, il respiro, la vocalità e la relazione tra i pari.
Negli anni di studio frequenta in Germania la Bauhaus, scuola di grande innovazione nel campo dell’arte e promotrice di ideali democratici e di giustizia sociale, specializzandosi nel campo dell’arte tessile e della fotografia per dedicarsi poi alla propria carriera artistica, aprendo un negozio di belle arti.
Negli stessi anni, essendo molto sensibile agli ideali di uguaglianza sociale si impegna in una strenua opposizione al dilagare del nazismo e a Vienna inizia a collaborare con il Partito Comunista, dedicandosi ad un’attività politica clandestina che la porta ad essere arrestata e a subire alcuni violenti interrogatori e diversi mesi di prigionia. Nel 1934 emigra a Praga dove, dal 1934 al 1938, diventa insegnante d’arte per i bambini del ghetto. Qui osserva come i piccoli allievi utilizzano l’arte per far fronte alla discriminazione, ai soprusi vissuti e per l’elaborazione di traumi, lutti e violenze.
Dopo un periodo di durissime restrizioni razziali, nel 1942 viene deportata nel campo di transito di Terezin, dove diventa insegnante d’arte per centinaia di bambini allontanati dalle loro famiglie e ricoverati presso i dormitori infantili. A Terezin, con i suoi laboratori artistici, Friedl si pone l’obiettivo di riequilibrare il mondo emozionale dei bambini, utilizzando gli insegnamenti appresi per facilitare in loro lo sviluppo della concentrazione e riequilibrare la respirazione, compensando la loro confusione di spazio e di tempo.
Per questi bambini la lezione d’arte diventa qualcosa di indispensabile che li mette in contatto con le proprie parti più vitali e Friedl si rende conto dell’effetto dell’esperienza artistica e inizia a scrivere circa il valore terapeutico del lavoro artistico con l’infanzia. Friedl Dicker Brandeis viene trasferita ad Auschwit e uccisa nelle camere a gas il 9 ottobre 1944 non riuscendo a portare a termine il progetto di pubblicare quanto osservato.
I disegni dei bambini che Friedl ha catalogato con cura, annotando data, nome e età dell’autore, e nascosti in valigie trovate molto tempo dopo la sua morte, sono oggi conservati al Museo Ebraico di Praga e sono importante testimonianza del suo lavoro a Terezin.
Edith Kramer, allieva di Friedl Dicker Brandeis ha portato avanti il desiderio di Friedl di pubblicare i suoi studi.
Edith nasce a Vienna nel 1916. Di origine ebraica conosce Friedl a 13 anni seguendo lezioni private d’arte presso il suo atelier. Nel 1934 la segue a Praga e nel 1938, per sfuggire alle leggi razziali, emigra a New York dove lavora come insegnante d’arte con bambini ed adolescenti nei quartieri più svantaggiati e presso istituti e centri di neuropsichiatria infantile, dove ha modo di strutturare maggiormente i suoi “laboratori artistici” negli anni in cui inizia a definirsi l’approccio metodologico dell’arteterapia.
Troviamo infatti la sua figura di Margaret Naumburg che, psichiatra e psicoanalista, elabora un approccio molto più connesso alla psicoterapia secondo cui i sentimenti inconsci sono più facilmente riconoscibili nelle immagini. La Naumburg stimola la comunicazione simbolica tra paziente ed arteterapeuta, facendo riferimento alle immagini prodotte sulle quali vengono proiettati emozioni e vissuti personali. Le immagini vengono analizzate attraverso il pensiero freudiano e l’arte diventa strumento per svelare significati inconsci rielaborati nella seduta di psicoterapia. Diversamente, Edith si concentra sull’espressione artistica in sé, sostenendo che “le virtù curative dell’arte dipendono da quei procedimenti psicologici che si attivano nel lavoro creativo” rivolgendo, quindi, tutta la sua attenzione al processo creativo, ritenuto di per sé uno strumento terapeutico.
Attraverso la sua esperienza sul campo, Edith si è resa consapevole del grande aiuto dell’arte sia nel disagio psichico, sia nella sofferenza esistenziale di chi vive in condizioni estreme ed è a partire dalla sua esperienza che nasce la metodologia dell’“Arte come terapia”. L’arte stessa diventa cura e il prodotto artistico rimane subordinato al processo. La tecnica terapeutica non cerca tanto di svelare e interpretare il materiale inconscio, ma diventa percorso significativo e simbolico in cui vengono attivate capacità, risorse e processi, diventando un vero e proprio mezzo di sostegno per l’io, favorendo lo sviluppo del senso d’identità e promuovendo una generale maturazione.
La Kramer sottolinea il fatto che l’arteterapeuta debba avere una profonda conoscenza dei processi artistici e delle caratteristiche e possibilità dei materiali proposti, così come capacità intuitive e relazionali. Edith Kramer fonda dunque nel 1976 un programma per l’insegnamento dell’Arteterapia presso la New York University, si dedica a diverse pubblicazioni, tra cui “Arte come terapia nell’infanzia” (1971), e all’insegnamento fino all’età di novant’anni. Muore il 22 febbraio 2014, lasciando in eredità la sua grande esperienza.
In Italia Il metodo comincia ad essere proposto dalla storica Scuola di Formazione Quadriennale in Arteterapia “Il Porto Adeg” di Torino a partire dagli anni ’80, in collaborazione con la New York University. Tale Formazione è stata trasferita nel 2000 da Torino a Milano, presso l’Associazione per lo Studio e la Promozione delle Risorse Umane “ASPRU Risvegli”, per essere poi ospitata nel 2007 con il nome “Vitt3” dall’Associazione per la Formazione e l’Aggiornamento “Lyceum” di Milano riconosciuta e accreditata dal MIUR, REGIONE LOMBARDIA, APIART, APID e AENOR.
bibliografia
1. Kramer, E., Che cos’è l’Arte Terapia?, II° Giornata di Studio ADEG – AISCNV 1985, Brescia, ADEG Torino 1985
2. Kramer, E., L’arte come terapia nell’infanzia, La Nuova Italia, Firenze 1971
3. Naumburg, M. (1966), Dynamically Oriented Art Therapy: Its Principles and Practice, Grune and Stratton, New York and London
Dove potete trovarmi
Attualmente ricevo presso il Centro Physis di Lecco, che raccoglie un team di psicologi e psicoterapeuti altamente qualificati e attenti alle esigenze individuali dei suoi pazienti. Il Centro Physis è una struttura polifunzionale che offre trattamenti per adulti, coppie e famiglie.
- Ilaria Missaglia
- Indirizzo: Via Col di Lana, 9, 23900 Lecco LC, Italia Google Maps
- Telefono: +39 371 54 77 810
- Email: info@studio-psicoterapia-im.it
- Orari di apertura: Lun-Ven dalle 8:00 AM alle 20 PM